06 marzo 2008

7 agosto - Lhasa e, naturalmente, il Potala

“Day 6-7 - In Lhasa - Two full days sightseeing tour to Lhasa including Jokhang Temple, Barkhor Bazaar, Potala Palace, Drepung & Sera Monasteries. Overnight at hotel”.
Dopo aver ritrovato l’entusiasmo grazie al fatto che abbiamo, nuovamente, dei soldi in tasca, Antonio decreta che sono un genio, ma, subito dopo, comincia a lamentarsi perché è stanco e ha assolutamente bisogno di un drink. Tra me e me penso che se non ci fosse lui a fare i capricci probabilmente la parte della piantagrane la reciterei io, che, del resto, mi fermerei con vero piacere. Così raggiungiamo il New Mandala Restaurant che ha una terrazza sul tetto e becchiamo Gigi e Alessandra. Dividiamo una Lhasa (“la birra del tetto del mondo” come reca scritto la sua etichetta) con loro e li lasciamo andare mentre decidiamo di fermarci a mangiare. Mangiamo piuttosto bene e spendiamo sorprendentemente poco (che non abbiano conteggiato le consumazioni in terrazza? Quando si è messo a piovere abbiamo trasferito baracca e burattini all’interno, forse si sono persi nel trambusto dei trasferimenti), perciò eleggiamo momentaneamente il New Mandala Restaurant il nostro locale d’elezione.
Arriva poi il gran giorno del Potala. Di fianco ai magnifici rulli da preghiera dorati fuori dall’ingres- so cominciamo a renderci conto che visitare il Potala richiede qualche sacrificio (non per noi, turisti di gruppo con guida che, per quanto scarsa e poco simpatica, si occupa di tutti questi dettagli pratici). Per i turisti individuali è un vero calvario: se ne stanno ammucchiati dietro una griglia, in fila per conquistare un biglietto d’ingresso per l’indomani. Hanno davvero pochissimo spazio e assomigliano, in tutto e per tutto, a dei prigionieri.
L’ingresso non è rapidissimo neppure per noi, ma in una ventina di minuti riusciamo a penetrare in questa Versailles tibetana e ad avere accesso alla salita che conduce fino al cuore della reggia. Finora, forse abbagliati dalla retorica che in Occidente circonda la figura del Dalai Lama (che, tra l’altro, ha di recente dichiarato di essere marxista), avevamo sempre attribuito al Potala un’aura mistica, ma, già mentre saliamo e al sesto giorno di Tibet, siamo ormai consci che questo non è altro che un palazzo reale. La confusione viene probabilmente dal fatto che i Dalai Lama sono al tempo detentori del potere temporale e di quello spirituale, ma è evidente visitando il Potala che, se mai vi ha abitato, ora Buddha non abita più qui. A dispetto della quantità di templi e di rappresentazioni del Buddha (c’è una stanza in cui sono raccolte migliaia di statuette che lo ritraggono) e di sant’uomini, neppure al Potala si respira la benché minima dimensione metafisica. Resta che è un gran bel posto. Malgrado il fatto che la nostra guida non ci spieghi quasi nulla di interessante e si riveli meno esauriente della Lonely Planet (che non è il massimo sulle informazioni di tipo culturale, in genere), anche se leggermente meglio dell’insulsa Guide du Routard che mi ostino a trascinarmi dietro.
Usciti dal Potala, con i due spagnoli, andiamo invano alla ricerca delle “rock carvings” sul Chagpo Ri. Riusciamo solo a fare un lunghissimo giro attorno al Potala, a farci respingere con decisione da un paio di poliziotti quando crediamo di aver raggiunto il sentiero per salire sulla collina, evidentemente off limits, e a sprecare gran parte del tempo che ci rimane per pranzare prima del successivo appuntamento con il gruppo per la visita al Jokhang Temple, il tempio più importante e più visitato dell’intero Tibet. Racchiude infatti la statua di un veneratissimo Buddha: pare che basti un pellegrinaggio per vederlo una volta nella vita per garantirsi nella prossima una reincarnazione a un livello superiore.
Per il pranzo ci separiamo dagli spagnoli, Carlito e io siamo decisi a provare i noodles che preparano e servono ai banchetti del Barkhor Market (Barkhor Square è la piazza su cui si affaccia il Jokhang Temple, nonché su cui si apre la terrazza del New Mandala Restaurant), versione lhasiana dei ristoranti popolari, da strada, diffusi in tutto l’Estremo Oriente, che non tentano affatto Esther e Antonio. Come al solito il nostro senso dell’orientamento (in effetti, quello di Carlito e mio sono autentici sensi di disorientamento, siamo disorientati a Parigi, figurati a Lhasa) ci tradisce e vaghiamo a vuoto senza riuscire a ritrovare i banchetti in questione. Ripieghiamo sul New Mandala dove la consueta lentezza tibetana rischierebbe di esasperarci se non decidessimo di rinunciare a parte di quanto ordinato a metà percorso. Ci presentiamo così puntualissimi all’appuntamento e facciamo il nostro ingresso al Jokhang Temple assieme a tutti gli altri.
Il tempio, attorno al quale girano, pressoché incessante- mente, una massa di pellegrini, il cui numero aumenta vistosamente all’ora del tramonto, è magnifico. Il biglietto d’ingresso è addirittura un minuscolo cd-rom, il che la dice lunga su quanto il luogo sia turistico, ma, al contrario della maggior parte dei siti visitati finora, ha conservato una certa spiritualità. Senza dubbio la presenza dei pellegrini contribuisce molto all’atmosfera. La visita è abbastanza rapida, anche perché ci diamo nuovamente appuntamento qui la sera per assistere a una cerimonia che si rivelerà, ai miei occhi, un’autentica sola, dunque abbiamo ancora qualche ora libera davanti a noi. Restiamo un po’ nel tempio, nel tentativo di impregnarci di qualche briciola di sacralità. Poi ci dedichiamo al profanissimo rito dello shopping.


(nelle foto: spezie e frutta secca a Barkhor Square; il Potala; rulli da preghiera all'ingresso del Potala)

5 commenti:

Marta Ager ha detto...

Very interesting..

Enrica ha detto...

Secondo me, i tuoi diari di viaggio dovrebbero essere pubblicati.

virginie ha detto...

@ marta ager: ho visto la tua bio e non guarderò il tuo blog, sorry
@ enrica: arrossisco???? macché, forse non te ne sei accorta, ma i miei diari di viaggio sono pubblicati: qui.

Anonimo ha detto...

...mi sono perso...dove sei? A Parigi o che... Vallatta sei super...prima di giugno vengo a parigi...cazzo ma tu sei a milano mi sa... ma quando? uffa... sono perso forse... nano nano penaepanico

Anonimo ha detto...

E' con amarezza che mi permetto di proporre il problema Tibetano.
Un invito a firmare gli appelli proposti da
http://www.amnesty.it/
http://www.avaaz.org/
Semplicemente un'espressione di coscienza e civiltà.
Proponetelo nel vostro blog e ... perdonatemi "l'intrusione"
Grazie
Un sorriso ;-)
AminaAmina (splinder.com)

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